Il primo caso d covid-19 in Sudafrica è stato registrato il 5 marzo del 2020 e si trattava di un cittadino sudafricano di ritorno dall’Italia. A oggi, dall’inizio della pandemia, sono 735906 i casi positivi identificati a fronte di 4.963.174 tamponi eseguiti, 678.738 ricoveri e 19789 decessi. Il periodo più difficile, quello in cui si è registrato il maggior incremento di casi giorno per giorno è stato quello compreso fra luglio e agosto quando l’incremento giornaliero di casi positivi ha registrato picchi di oltre 13mila casi. La curva dei contagi è poi progressivamente scesa e al 7 novembre scorso l’incremento era stato di circa 1700 casi.

Lo scorso 18 ottobre il ministro della Sanità sudafricano, Zweli Mkhize in prima linea contro il Covid, è risultato positivo con la moglie al Covid-19 e lo stesso 18 ottobre ha esortato i cittadini a continuare ad aderire ai protocolli sanitari indossando protezioni personali come le mascherine, igienizzando correttamente le mani e mantenendo le distanze sociali.

Come riporta il quotidiano SicurezzaInternazionale, il Sudafrica aveva riaperto i voli internazionali, il primo ottobre, dopo sei mesi di rigide restrizioni. Un volo della Emirates da Dubai è atterrato nella città costiera di Cape Town, il primo ottobre. Un volo della Ethiopian Airlines è atterrato poco dopo, da Addis Abeba. Il Paese dall’economia più industrializzata dell’Africa aveva sigillato i propri confini all’inizio di un rigoroso blocco, alla fine di marzo, per limitare la diffusione del nuovo coronavirus. Le restrizioni alla circolazione interna sono state gradualmente allentate a partire da maggio, ma i confini internazionali sono rimasti chiusi fino al primo ottobre per evitare l’ingresso di infezioni dall’estero. La compagnia aerea tedesca Lufthansa è stata la prima compagnia aerea europea a riprendere i viaggi in Sud Africa, con un volo da Francoforte che è atterrato all’aeroporto internazionale OR Tambo di Johannesburg alle 8:30, ora locale, lo stesso primo ottobre.

Durante l’estate, il Sudafrica aveva annunciato una nuova chiusura, a partire dal 27 luglio. La decisione, comunicata dal presidente Cyril Ramaphosa il 23 luglio, è stata presa in seguito alla scoperta di nuovi focolai di coronavirus e alla crescita del numero di infezioni. Il Paese registra attualmente 662.000 casi ufficiali, con un incremento di 725 nelle ultime 24 ore e oltre 6.000 persone sono morte a causa del virus, di cui 39 nelle ultime 24 ore. Ramaphosa aveva anche annunciato il lancio di uno “storico” pacchetto di sostegno sociale ed economico, dal valore di circa 30 miliardi di dollari, per finanziare la risposta del sistema sanitario e assistere “i più bisognosi”. Secondo la Banca di Sviluppo africana, l’economia del Sudafrica, che è la più industrializzata del continente, dovrebbe contrarsi tra il 6,3% e il 7,5% a causa della pandemia.

Ciò che spaventa di più in Africa è l’inadeguatezza dei sistemi sanitari, la povertà diffusa, la porosità dei confini e l’insicurezza legata alla presenza di gruppi ribelli e organizzazioni terroristiche. Tutti insieme, questi fattori rischiano di aumentare notevolmente le possibilità di contagio e di aggravare la situazione di emergenza qualora il virus dovesse diffondersi in maniera incontrollata sull’intero continente. Secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità, l’Africa risulta mal equipaggiata per affrontare la minaccia e i governi devono cercare di fare di più per aumentare i controlli e identificare rapidamente i casi sospetti. La maggior parte dei sistemi sanitari risulta obsoleta e priva delle strutture necessarie a gestire casi di pandemia influenzale.

Di Luigi Rossi

Luigi Rossi è laureato in discipline sociali e da tempo si occupa di approfondire i temi del welfare e dell'assistenza nei paesi in via di sviluppo. Il caso Sudafrica da sempre lo ha sempre molto interessato e molto ne ha scritto.

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